Il grande fermento delle ultime settimane e la diffusione massiccia di notizie sulla sindrome da burnout vogliono porre l’attenzione sul fatto che il burnout è stato riconosciuto dalla Organizzazione Mondiale della sanità come un problema legato alla professione.

 

Cos’è il burnout lavorativo

Letteralmente il termine indica lo “spegnersi ed estinguersi per esaurimento”.

Riferito alle situazioni di lavoro viene tradotto come logorarsi e distruggersi la salute e la vita con eccessivo lavoro.

Nella realtà sappiamo che non è l’eccessivo lavoro in sé a distruggere, ma come il lavoro viene percepito dalla persona, dalle condizioni di un lavoro che possono influire in maniera negativa, diventando fonte di grande stress.  Mi riferisco a quello stress “nocivo”, perché si sa anche che lo stress entro certe soglie serve nelle attività lavorative per creare energia e fronteggiare i periodi che richiedono grandi abilità attentive!

Storia della sindrome da burnout

La sindrome da burnout viene nominata per la prima volta negli ambienti lavorativi negli anni ’70 ed in particolare per riferirsi a quelle professioni d’aiuto e socio-sanitarie che più di altre riscontravano questo malessere sia fisico ma soprattutto psicologico.

Ed è proprio l’aspetto psicologico a suscitare l’interesse degli studiosi, che sottolineano come i lavoratori rispondano con  insoddisfazione lavorativa e intollerabilità ad un ambiente lavorativo altamente stressante.

Il burnout viene quindi associato allo stress lavorativo come forma di disagio che il lavoratore può sviluppare per far fronte alle tensioni derivate dal continuo contatto con le persone in condizioni di sofferenza.

Sebbene inizialmente utilizzato nelle professioni di aiuto, il termine burnout è attualmente diffuso anche in molte altre professioni per identificare le forme di disagio legate ai contesti lavorativi e in particolare quando viene messo in discussione il proprio ruolo lavorativo in termini di competenze e capacità.

Lo stress non è il burnout

E lo stress?

E’ da sottolineare che lo stress non coincide con il burnout, ma ne influenza l’insorgenza in presenza anche di altri fattori, come la stessa OMS dichiara. “Il bornout si presenta come spossatezza sul luogo di lavoro, cinismo, isolamento o in generale sentimenti negativi ed efficacia professionale ridotta”.

I fattori importanti che entrano in gioco per dire che si tratta di burnout sono:

  • senso di frustrazione
  • demotivazione nel proprio lavoro
  • difficoltà a gestire le relazioni lavorative
  • insoddisfazione lavorativa
  • irritabilità
  • distacco emotivo

Sono queste le condizioni che portano il lavoratore a sentire un senso di profonda apatia, inutilità, impotenza, svuotamento, fino ad arrivare ai casi critici di forte stress ed esaurimento emotivo.

 

Il continuum del burnout

Possiamo in altri termini dire che il burnout segue un continuum che inizia come una condizione lieve data da senso di incapacità, a cui fa seguito uno stato di tensione nervosa fino a reagire con uno stato di profondo rifiuto.

Il burnout è un disagio davvero insidioso. Vivere queste sensazioni per un tempo prolungato crea un impatto negativo con conseguenze non solo sul lavoro, ma per il benessere psicofisico in generale.

 

I primi segnali di allarme sono importanti per chiedere aiuto e trovare delle soluzioni che permettano di arginare il disagio. 

Tra gli strumenti da utilizzare per recuperare una situazione di burnout – incipiente, o già attiva – c’è anche il ricorso alla Terapia Breve Strategica.